Monte Schiena di Cavallo e monte di Valle Caprara

Ammaliati dalle montagne intorno alla Vallelonga.

Di nuovo sulle montagne minori del parco, quelle forse meno frequentate, cime che sfiorano i 2000 mt e una valle, la val Cervara che è un peccato non aver percorso prima. Una dopo l'altra infiliamo tutte le cime e le valli di questo pezzo di parco, più le frequenti, più ti ci appassioni.


A distanza di un mese torniamo nella Vallelonga per dare seguito ad un’idea venuta osservando la mole della Schiena di Cavallo dalla cresta della Rocca Genovese e per rendere l’escursione più varia abbiamo pensato di allungare includendo il Monte di Valle Caprara per poi chiudere il giro visitando il bosco della Valle Cervara. Come d’obbligo da inizio di quest’anno si deve lasciare l’auto nello spiazzo della Madonna della Lanna e poi proseguire lungo la strada per qualche chilometro sino a giungere al grande fontanile nel mezzo dei Prati d’Angro. L’avvicinamento lungo il nastro di asfalto non è proprio il massimo, rifatto tutto nuovo per il piacere dei pochi che hanno il permesso di scorrazzare in auto e che si gratificano a fare avanti e indietro rendendosi un pò invisi a quelli come noi, comuni escursionisti e turisti, che il permesso di accesso invece non lo hanno: di certo il fatto di dover aggiungere tra andata e ritorno oltre sei chilometri di strada asfaltata al percorso dell’escursione non sarà un incentivo ad intraprendere alcune tra le passeggiate che partono dalla Vallelonga. Giunti ai prati attorno al fontanile sulla sinistra si nota la traccia che si inoltra all’imbocco della Valle Cervara e poco oltre la base del crinale che sale alla cima della Schiena di Cavallo; l’attacco della salita è all’interno del bosco con una pendenza che all’inizio si fa sentire abbastanza, non ci sono tracce evidenti da seguire ma si procede senza errore mantenendosi in prossimità della dorsale con la vista che di quando in quando si apre verso il Marcolano e la Rocca Genovese. Ben presto si esce dalla macchia e da quel punto la pendenza si riduce sensibilmente così che l’escursione in cresta diviene molto piacevole con panorami che progressivamente si aprono sempre più in ogni direzione, in particolare verso il Monte Serrone e la lunga dorsale della Rocca e del Monte della Strega con la sagoma ben visibile del Rifugio Pesco di Iorio. Si prosegue con non poche e motivate soste per guardarsi attorno fino a guadagnare la cima dove ci accoglie il tradizionale mucchio di pietre con una croce: siamo così arrivati su una delle quote più elevate di questa zona del Parco e con l’aria tersa la visuale spazia molto lontano fino ad abbracciare buona parte dell’Appennino Centrale. Una volta sulla cima si notano le altre due creste più brevi e nette di quella occidentale che abbiamo appena percorso, una volta ad est e l’altra verso nord, quest’ultima in direzione della modesta elevazione del Monte Lampazzo che si raggiunge con un percorso breve e ripido oggi reso veloce e divertente dalla presenza di una neve dalla consistenza perfetta; si giunge in breve su questa cima secondaria dove attendono un ometto di pietre ed un bell’affaccio sulla conca da cui si sviluppa la lunga Valle Lampazzo. Lasciata la cima si attraversa in discesa un fitto bosco di bassi faggi fino a sbucare nella radura di Sella Lampazzo, un bel posto crocevia di sentieri molto frequentati dagli escursionisti in estate che salgono dal versante di Pescasseroli attraverso il Vallone Cavuto oppure dalla stessa Vallelonga attraverso il bosco antico della Valle Cervara. Dalla sella senza un percorso obbligato si attacca direttamente la salita alla massiccia dorsale sommitale che conduce alla cima del Monte di Valle Caprara che si raggiunge superato un primo tratto in maggiore pendenza cui segue una bella camminata in quota che praticamente in piano consente di raggiungere i 1.998 metri della vetta: un duemila mancato di pochissimo ma che regala panorami formidabili grazie alla posizione centrale in questo quadrante del Parco. Rientrati alla Sella Lampazzo si prende il sentiero (ben individuabile anche con la neve grazie alla fitta rete di segnavia sugli alberi) che conduce all’ampia sella nei pressi della sorgente Puzza, proprio alla base del ripido versante meridionale della Rocca Genovese; dalla sella puntando ad ovest si prende il sentiero “R5” che in breve si immerge nella Valle Cervara dove ben presto si incontrano i primi faggi secolari che si stagliano alti e poderosi, testimoni della vita nel bosco da tempo immemore. Si cammina a lungo tra alberi monumentali che danno solennità all’ambiente sovrastato dalle pendici incombenti del Marcolano da un lato e dal costone della Schiena di Cavallo dall’altro, attraversando di quando in quando il fosso che incide il fondo del vallone fin quando a metà circa della discesa si giunge al grande Fontanile della Cervara colmo d’acqua scintillante. Superato il fontanile il bosco inizia a farsi più rado ed alcuni cartelli didattici ai lati del sentiero forniscono le informazioni sul ciclo di vita degli alberi e sulle caratteristiche dell’habitat di questo vallone che hanno consentito ad un ragguardevole numero di faggi di raggiungere età che in alcuni casi sono state datate fino anche a cinquecento anni. Con il sentiero che in piano esce dalla vallata e sbuca nel mezzo dei Prati d’Angro si conclude questa bella escursione che definirei ben rappresentativa di quest’area del Parco, visti i tanti ambienti che si sono toccati in successione: larghe dorsali e ripide creste, due vette assai panoramiche ed un bosco di faggi considerato il più vetusto d’Europa, il tutto condito con le prime fioriture a valle ed un pò di neve in quota … insomma non si poteva proprio chiedere di più!!